Primo Levi

primo levi«Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o per un no… »

Primo Levi (1919–1987) è stato uno scrittore, partigiano e poeta italiano, autore di racconti e memorie, poesie e romanzi. Partigiano antifascista, nel 1943 venne catturato e deportato ad Auschwitz in quanto ebreo. Scampato al lager, tornò avventurosamente in Italia, dove si dedicò con forte impegno al compito di raccontare le atrocità viste e subite.

Primo Levi, reduce da Auschwitz, pubblicò Se questo è un uomo nel 1947. Testimonianza sconvolgente sull’inferno dei lager, libro della dignità e dell’abiezione dell’uomo di fronte allo sterminio di massa. Nel seguito, La Tregua, Primo Levi ha voluto raccontare anche il lungo viaggio di ritorno attraverso l’Europa dai campi di sterminio: una narrazione che contiene il senso di una libertà ritrovata con i segni lasciati dagli orrori sofferti.  È un’analisi fondamentale della composizione e della storia del Lager, ovvero dell’umiliazione, dell’offesa, della degradazione dell’uomo, prima ancora della sua soppressione nello sterminio.

La visita ai campi di sterminio può suggerire una chiave di lettura della storia molto netta: da una parte le vittime, dall’altra i carnefici. In realtà, Primo Levi ci ricorda nel capitolo “La zona grigia” in “I sommersi e i salvati”: “Questo desiderio di semplificazione è giustificato, la semplificazione non sempre lo è. È un’ipotesi di lavoro, utile in quanto sia riconosciuta come tale e non scambiata per la realtà; la maggior parte dei fenomeni storici e naturali non sono semplici, e non semplici della semplicità che piacerebbe a noi. Ora, non era semplice la rete dei rapporti umani all’interno dei Lager: non era riducibile ai due blocchi delle vittime e dei persecutori. In chi legge (o scrive) oggi la storia dei Lager è evidente la tendenza, anzi il bisogno, di dividere il male dal bene, di poter parteggiare, di ripetere il gesto di Cristo nel Giudizio Universale: qui i giusti, là i reprobi. Soprattutto i giovani chiedono chiarezza, il taglio netto; essendo scarsa la loro esperienza del mondo, essi non amano l’ambiguità. La loro aspettazione, del resto, riproduce con esattezza quella dei nuovi arrivati in Lager, giovani o no: tutti, ad eccezione di chi avesse già attraversato un’esperienza analoga, si aspettavano di trovare un mondo terribile ma decifrabile, conforme a quel modello semplice che atavicamente portiamo in noi, “noi” dentro e il nemico fuori, separati da un confine netto, geografico”.

Queste vertigini sorprendono e lasciano increduli, soprattutto nel momento in cui cediamo alla tentazione, inconfessabile, di concludere che in fin dei conti noi non saremmo mai giunti a certi limiti di barbarie. Il mistero della libertà dell’uomo, non ci mette al riparo dal rischio di giocare la nostra libertà negando l’apertura del cuore all’amore incondizionato di Dio per noi. Quando questo accade (e di questo ciascuno di noi è chiamato ad esserne responsabile), il mistero del male rischia di manifestarsi in tutta la sua brutalità.

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