Etty Hillesum

Etty HillesumI Paesi Bassi sono invasi da Hitler il 10 maggio 1940. Un commissario del Reich dirige il paese con mano di ferro. La resistenza si organizza subito. Nel febbraio del ’41 uno sciopero generale cerca di opporsi alla deportazione dei Giudei; ma questa proseguirà ininterrotta e arriverà a un vero genocidio: 104 mila morti su una comunità di 140 mila. Alcune ore prima della capitolazione dell’esercito olandese, il 14 maggio 1940, una giovane donna ebrea di 26 anni incontra in una via di Amsterdam uno dei suoi antichi professori di diritto; c’era in quei giorni un fuggi fuggi verso l’Inghilterra: «Gli chiesi: credete che fuggire serva a qualcosa? Mi rispose: i giovani devono restare. E io: pensate che la democrazia vincerà? E lui: certamente, ma bisognerà sacrificarle qualche generazione». La sera stessa il prof. Bonger si tirò una pallottola in testa. Ester – Etty – scrive nel suo diario: «Bonger non è un caso isolato. È tutto un mondo che crolla. Ma il mondo continuerà; e io con lui, fino a un nuovo ordine… Queste scomparse ci lasciano come spogliati, ma io mi sento così ricca interiormente che questa spogliazione non ha ancora fatto tutto il suo cammino fino in fondo alla mia coscienza».

Curiosa ragazza questa Etty. Anche se suo nonno era stato un rabbino, lei non è stata educata religiosamente. Il papà insegna in un liceo, la madre russa era sfuggita ai progrom. Ha due fratelli più giovani: Misha, pianista già noto, e Jaap, medico. Dopo una laurea in psicologia e studi di russo, si lancia nella psicologia. Nel febbraio del 1941 incontra un uomo che avrà su di lei un’influenza determinante: Julius Spier, ebreo berlinese emigrato, discepolo di Carl Gustav Jung; è psicochirologo e il suo metodo di analisi si basa sull’osservazione delle mani dei suoi pazienti. In realtà è una specie di istrione prodigiosamente dotato e, insieme, un maestro spirituale molto acuto ed equilibrato. Angosciata, depressa, Etty è all’inizio letteralmente posseduta da Spier di cui diviene l’amante. E però questo legame le permetterà di affermare la sua personalità, di sviluppare una fede intensa «in ciò che c’è di più profondo in me e che per comodità chiamo Dio», come scrive nel diario che sarà il grande strumento e testimone di questa sua crescita interiore. Qualche giorno dopo, quando i tedeschi rispondono allo sciopero generale con una severa repressione, una frase di Spier la fa riflettere: «Basterebbe un uomo solo degno di questo nome perché si possa credere nell’uomo, nell’umanità…».

Mano a mano la morsa si stringe attorno ai Giudei, Etty si convince che la sola via d’uscita è interiore: «Sabato 14 giugno, le 7 di sera. La storia va avanti: arresti, terrore, campi di concentramento, sorelle fratelli genitori strappati arbitrariamente dai loro cari. Si cerca il senso di questa vita; ci si domanda se ne ha ancora uno. Ma questo è un affare da decidere, solo a solo, davanti a Dio. Forse ogni vita ha il suo senso; forse occorre tutta una vita per scoprire questo senso». Il 19 febbraio del 1942 viene a sapere che un amico è morto sotto la tortura. Invece di lasciarsi andare a lamenti e invettive, medita: «La sporcizia degli altri è anche in noi. E io non vedo altra soluzione che quella di rientrare in noi stessi e di estirpare dalle nostre anime quella sporcizia».

La «soluzione finale» è in cammino. Le leggi di Norimberga vengono estese ai Paesi Bassi. Secondo il loro modo sinistro di procedere i nazisti associano le vittime all’eliminazione dei loro fratelli. Viene messo in funzione un Consiglio giudaico che organizza la deportazione: «Per umiliare bisogna essere in due: colui che umilia e colui che si vuole umiliare; ma soprattutto colui che vuole lasciarsi umiliare». Il 15 luglio Etty entra nel Consiglio giudaico cercando di aiutare, alleviare i suoi fratelli. Ma ben presto questa situazione privilegiata le diviene insopportabile. Potrebbe forse entrare nella clandestinità, ma constata che le famiglie normali ebree non ne hanno la possibilità. Per solidarietà decide di raggiungere il campo di Westerbork. «Bene, accetto questa nuova certezza: vogliono il nostro annientamento. Ora lo so. Non darò fastidio con le mie paure, non sarò amareggiata se gli altri non capiranno cos’è in gioco per noi ebrei… Continuo a lavorare e a vivere con la stessa convinzione e trovo la vita ugualmente ricca di significato». E là, nel campo, fin dai primi giorni, a contatto con la paura degli uni e il fatalismo degli altri, le miserie morali in cui tutti sono costretti a vivere, è sul punto di scoppiare. «Sono tempi di spavento, mio Dio. Questa notte, per la prima volta, sono rimasta sveglia, nel buio: gli occhi brucianti; con immagini di indicibile sofferenza umana che mi scorrono incessantemente davanti. Ti prometto una cosa, mio Dio: mi guarderò dall’attaccare al giorno presente, come dei pesi, le angosce che m’ispira il domani… a ogni giorno basta la sua pena. Cercherò di aiutarti, mio Dio, a non estinguerti in me. Ma non posso garantirti niente in anticipo. Una cosa però mi sembra sempre più chiara: non sei tu che puoi aiutare noi, ma noi che possiamo aiutare te; e facendo questo aiutiamo noi stessi. È tutto ciò che ci è possibile salvare in questo momento, ed è anche la sola cosa che conta: un po’ di te in noi, mio Dio». Questo Dio che ella prega non lo considera un Altro, esterno a noi, ma ciò che c’è in lei di più profondo. E tuttavia un giorno in cui spiega a un vecchio militante marxista che «il più piccolo atomo di odio che noi aggiungiamo a questo mondo lo rende più inospitale di quanto già lo sia», questi si meraviglia: «Ma… sarebbe un ritorno al cristianesimo!». E lei: «Ma sì, il cristianesimo, perché no?».

Nel campo Etty si fa tutta a tutti. Aiuta, cura, consola, incoraggia, dà sollievo ai corpi e alle anime. I suoi compagni la chiamano «il cuore pensante della baracca». Scrive: «Vorrei essere un unguento versato su tante piaghe». Sono le ultime parole del suo diario. Suo fratello Mischa, il pianista promesso a una carriera internazionale, protetto da un famoso direttore d’orchestra, potrebbe essere risparmiato e avere un trattamento speciale; egli rifiuta a meno che tutta la sua famiglia abbia questo trattamento. Forse anche come rappresaglia, tutti gli Hillesum sono imbarcati, il 7 settembre 1943, con destinazione Auschwitz. Secondo un comunicato della Croce Rossa, Etty Hillesum è morta ad Auschwitz il 30 novembre del 1943, a 29 anni. I suoi genitori e suo fratello Mischa, pure, sono scomparsi ad Auschwitz. Jaap, l’altro fratello, morirà il 17 aprile 1945 dopo la liberazione, durante il viaggio di ritorno in Olanda.

GMG 2016

Iscrizioni

Con il primo click di Papa Francesco, il sistema di iscrizione - creato in collaborazione con il Pontificio Consiglio dei Laici e la Conferenza Episcopale Italiana - ha aperto i battenti. Qui trovate tutte le informazioni su pacchetti e costi.

Leggi tutto

GMG 2016

La prossima GMG è alle porte: l’appuntamento è a Cracovia dal 25 al 31 luglio 2016. Il tema della XXXI Giornata Mondiale della Gioventù è racchiuso nelle parole “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia (Mt 5,7).

Leggi tutto

Sussidi

La GMG non è solo un evento da vivere in loco, ma l’occasione di camminare insieme e, lungo questo cammino, riflettere su quello che ci aspetta, su quanto vedremo e toccheremo con mano e su ciò che ci porteremo a casa una volta tornati.

Leggi tutto